Durante comizi, interviste e dichiarazioni sui social, Donald Trump e i suoi sostenitori affermano spesso che il piano di imporre dazi del 10% su tutti i prodotti di importazione negli Usa serva a far pagare alle aziende straniere l’accesso al mercato statunitense. Una frase ripetuta di recente anche da Steve Bannon, ex stratega di Trump, molto meno rilevante di quanto non fosse stato nella prima amministrazione ma sempre un accanito sostenitore del futuro presidente degli Stati Uniti.
Queste dichiarazioni però tradiscono o una comprensione errata di cosa siano i dazi commerciali e di come agiscano sull’economia, oppure un tentativo di darne una rappresentazione sbagliata all’elettorato. I dazi non vengono imposti sugli importatori, ma sulle importazioni, che vengono eseguite dalle aziende del Paese che impone i dazi stessi. Non servono a far pagare l’accesso a un mercato, ma a proteggerlo dalla concorrenza alzando artificialmente i prezzi. Con conseguenze potenzialmente critiche in particolare per come è strutturata l’economia degli Usa in questo momento.
Cosa vuole fare Trump con i dazi e come crede che funzionino
Durante la campagna elettorale il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha più volte parlato di un piano per alzare barriere doganali su tutte le importazioni, con dazi del 10%. Unica eccezione le merci cinesi, che saranno invece tassate del 60% all’importazione. Una proposta che ha pochi precedenti nella storia recente degli Usa. Da diverse dichiarazioni, Trump e i suoi alleati più stretti sembrano credere che i dazi doganali saranno pagati dalle aziende che importano, quindi dalle società estere che vorranno vendere negli Usa.
“I dazi stanno arrivando, dovrete pagare per avere accesso al mercato Usa. Non è più gratis, il libero mercato è finito, perché l’Europa ha abusato di noi, come hanno fatto gli altri alleati” ha dichiarato in una recente intervista al Corriere della Sera Steve Bannon, ex stratega della campagna elettorale di Trump nel 2016, oggi molto meno influente di allora, ma comunque uno dei sostenitori più accaniti del futuro presidente.
Sul perché Trump voglia imporre dazi sulle importazioni ha parlato lo stesso futuro presidente degli Stati Uniti: “In questo modo le aziende vorranno venire ad aprire fabbriche negli Usa per evitarli” ha risposto a un economista che lo intervistava a Chigago. Trump e Bannon sembrano quindi credere che i dazi siano una sorta di biglietto di ingresso al mercato americano e che le aziende sposteranno le loro sedi produttive negli Usa per evitare di pagarlo. I dazi però non funzionano così e, anche se funzionassero in questo modo, non otterrebbero questo risultato nel caso degli Stati Uniti.
Come funzionano effettivamente i dazi commerciali
I dazi commerciali sono una tassa che uno Stato impone all’importazione di un prodotto. Viene imposta alla transazione finanziaria, quindi la paga chi paga il prodotto che viene importato. Nel caso dei dazi di Trump, si tratta delle aziende americane. Se una società volesse importare oggi 100 milioni di dollari in prodotti italiani, pagherebbe 100 milioni di dollari a una società italiana per avere quei prodotti e poi venderli, presumibilmente a più di 100 milioni di dollari, sul mercato americano.
Con i dazi di Trump, su questa transazione arriverebbe una tassa del 10%. Quindi la società americana pagherebbe 110 milioni di dollari, 100 milioni alla società italiana e 10 allo Stato. Dovrebbe poi rivendere questi prodotti, presumibilmente a un prezzo più alto di quello che avrebbe applicato senza i dazi.
A cosa servono allora i dazi commerciali? Su questo Trump sembra avere le idee più chiare. Di solito servono a proteggere le industrie locali. I dazi alzano infatti artificialmente i prezzi delle merci estere e permettono ad aziende altrimenti non competitive di diventarlo. In questo caso avrebbe senso quindi, per un’azienda estera, trasferire la propria produzione nello Stato che impone i dazi, se è interessata a rimanere in quel mercato. Il problema è che la situazione economica degli Stati Uniti non solo non necessita di protezione, ma difficilmente beneficerebbe dall’arrivo di altre aziende produttrici sul territorio.
Quale effetto potrebbero avere i dazi commerciali sull’economia degli Usa
Per capire perché è difficile che un’azienda trasferisca la propria produzione negli Usa per effetto dei dazi, bisogna avere chiari alcuni dati sull’economia degli Stati Uniti.
Gli Usa consumano molto più di quanto producano in quasi ogni settore, tolto quello energetico
Gli Usa hanno raggiunto un tasso di disoccupazione vicino al 4%, considerato spesso la piena occupazione
Chiariti questi punti, si possono subito notare alcuni problemi nel piano di Trump. I consumatori degli Stati Uniti non sono nella condizione di scegliere tra un prodotto americano e un competitor estero, per poi decidere di comprare quello estero perché costa meno. Al contrario, spesso non hanno nessuna alternativa americana per i volumi di prodotti che acquistano ogni giorno.
Da solo questo argomento non renderebbe di per sé i dazi inutili, ma è qui che entra nel ragionamento la piena occupazione. Un Paese con un forte tasso di disoccupazione potrebbe sfruttare i dazi per proteggere un settore in via di sviluppo, creare un mercato interno per i prodotti che vende, fargli assumere parte delle persone disoccupate mentre cresce e poi farlo competere con le aziende estere solo una volta raggiunte le dimensioni necessarie.
Questo processo è impossibile negli Usa, perché non ci sono masse di persone in cerca di lavoro. Un tasso di disoccupazione vicino al 3% è considerato dagli economisti “naturale”, generato cioè da quelle persone che sono in cerca di lavoro non perché non ne trovino, ma perché stanno ancora scegliendo o si sono licenziati in cerca di un posto di lavoro migliore. Anche se le fabbriche si trasferissero negli Usa, si troverebbero a competere per alcuni dei lavoratori meglio pagati al mondo, che vanificherebbe l’aver evitato un dazio del 10%.
Ci sarebbe in realtà una soluzione anche a questo problema. Permettere l’immigrazione di un gran numero di lavoratori, necessari a queste aziende che vogliono evitare i dazi per accedere al mercato americano senza penalità alla concorrenza. Una prospettiva che però non sembra in linea con le politiche del futuro presidente, che ha più volte annunciato di voler fermare l’immigrazione negli Usa fino a dire di voler deportare milioni di migranti.