Telegram, alla fine, ha ceduto ed ecco che, con la modifica attuata ai propri Termini di servizio, fornirà d’ora in avanti alle autorità i dati (indirizzi Ip e i numeri di telefono) dei suoi utenti resisi responsabili di azioni criminali. Il cambio di passo della piattaforma è dunque molto netto rispetto al recente passato, a quando cioè si era opposta alla richiesta di governi e magistratura di fornire loro informazioni sugli utenti che utilizzano l’app di messaggistica per compiere reati. A influire è sicuramente stato l’arresto un mese del Ceo Pavel Durov con l’accusa di complicità in diversi reati legati alla sua app.
La nuova moderazione su Telegram
Dopo essere stato arrestato e aver speso 5 milioni di euro di cauzione per riavere la libertà, il Ceo di Telegram Pavel Durov aveva giudicato sorprendere il fatto di essere considerato responsabile dei contenuti realizzati da altre persone sulla sua app, pur ammettendo che l’aumento degli utenti (saliti a circa 950mila) aveva reso difficile la moderazione e lasciato campo quasi del tutto libero agli abusi che i criminali fanno della piattaforma.
Lo step successivo di Telegram è stato intensificare le attività di controllo dei contenuti attraverso la creazione di un team di moderatori che si avvale dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per bloccare i contenuti problematici. Ecco dunque che molte funzionalità offerte dall’app di messaggistica sono state riviste in chiave più protezionistica, come nel caso della funzione di geolocalizzazione Persone nelle vicinanze, e si è arrivati alla condivisione con le autorità dei dati degli utenti, come gli indirizzi Ip e i numeri di telefono, ma solo in presenza di “valide richieste legali”. Fin qui, invece, Telegram era disposta a fornire informazioni sui propri utenti alle autorità solo in presenza di “sospette attività terroristiche2.
Durov tutela la sua app
“Non permetteremo – ha detto Durov a commento delle novità introdotte da Telegram – che i malintenzionati mettano a repentaglio l’integrità della nostra piattaforma per quasi un miliardo di utenti. Mentre il 99,999% degli utenti di Telegram non ha nulla a che fare con la criminalità – ha aggiunto – lo 0,001% coinvolto in attività illecite crea una cattiva immagine per l’intera piattaforma”.
Va sottolineato che i molti utenti di Telegram sono in parte legati anche alla garanzia di totale anonimato che la stessa app garantiva ai suoi utilizzatore. L’assenza di controlli e moderazione ha rappresentato per anni il territorio ideale per dissidenti, manifestanti, estremisti e cospirazionisti, andando spesso a generare molti problemi anche ai governi degli Stati. Con la nuova moderazione dei contenuti non è dunque da escludere che l’app possa essere esposta al rischio di una riduzione cospicua dei propri utenti. Tutto, naturalmente, è da dimostrare.
Collaborazione sì, ma solo con le democrazie
Il cambio di rotta di Telegram ha subito aperto una nuova questione: Durov fornirà i dati degli utenti anche ai regimi repressivi? A porre per primo questa domanda è stato John Scott-Railton, ricercatore presso il Citizen Lab dell’Università di Toronto, preoccupato che l’operazione possa rivelarsi un’arma a doppio taglio.
In risposta Telegram ha sostenuto di aver elaborato dei criteri di garanzia, con le richieste delle autorità che verranno prese in considerazione solo se il mittente sarà un Paese con un valore elevato dell’indice di democrazia.