A sole due settimane dall’Election Day in Usa, quel che domina Wall Street è l”incertezza e la volatilità, in quanto l’esito elettorale sembra ancora “in bilico” per la stampa Usa. Secondo l’ultimo sondaggio condotto dal Washington Post, è ancora testa a testa fra Donald Trump e Kamala Harris, mentre per alcuni esperti il mercato già sconta una seconda vittoria di Trump.
Il testa a testa Trump-Harris
L’ultimo sondaggio del Washington Post-Schar School rileva che, fra i due candidati, esisterebbe una differenza minimale e non determinante – comunque inferiore al margine d’errore dei sondaggi – e dunque Trump ed Harris si troverebbero su un piano d sostanziale parità. Ma vi sono sette Stati rilevanti in bilico, e la differenza la faranno qualche migliaio di voti in più.
Donald Trump sarebbe avanti in Arizona (uno Stato da 11 voti), con un vantaggio del 49% contro il 46% della candidata democratica e in North Carolina (16 voti) con una percentuale del 50% contro il 47% dell’avversaria. Dal canto suo, Kamala Harris avrebbe già conquistato la Georgia (16 voti) con il 51% del voti contro il 47% del rivale repubblicano, il Wisconsin (10 voti) con il 50% contro il 47%, il Michigan (15 voti) e la Pennsylvania (19 voti), entrambi con il 49% contro il 47%.
Totalmente in bilico il Nevada, dove c’è una sostanziale parità.
Qualcuno dà Trump già per vincente
L’exploit di Wall Street su nuovi massimi storici e l’apprezzamento del dollaro, secondo gli esperti di Unicredit, già suggeriscono una vittoria di Trump.“Ciò che si è iniziato a scontare è il cosiddetto Trump Trade – si legge nel Morning meeting odierno – ovvero la possibilità che il prossimo inquilino della Casa Bianca sia il magnate che già si sedette sulla poltrona più importante del mondo. Trump ha infatti accumulato qualche vantaggio nei sondaggi rispetto a Kamala Harris, anche se secondo il Washington Post nessuno dei due candidati ha un vantaggio rilevante negli Stati chiave”.
Secondo Unicredit, “il mercato non attribuisce né a l’uno né all’altro la ‘virtù’ di ridurre il debito pubblico ma l’esponente repubblicano viene indicato come quello che lo farebbe salire di più”.
Un parere condiviso dagli analisti di Schroders, secondo cui i due candidati, “non hanno molto spazio di manovra da un punto di vista politico, anche perché i vincoli fiscali sono piuttosto sostanziali. Il protezionismo, se applicato da Trump, sarebbe una tassa sui consumatori e massicciamente regressiva. Chiunque sarà eletto, lascerà comunque che la politica monetaria faccia il suo lavoro”.
Ma quali sono i programmi dei due candidati?
Il programma di Trump è ben noto. Il tycoon punta su una maggiore estensione del deficit federale per finanziare la ripresa economica, su un massiccio taglio delle imposte sulle società almeno al 15% (ora si trova al 23%) e su una politica protezionistica ad oltranza.
Il programma di Harris invece trae spunto da quello di Biden, apportando alcune “importanti integrazioni” e puntando sulla “opportunity economy” per sostenere le famiglie a basso reddito e le PMI.“Si tratta di una combinazione tra misure assistenziali a sostegno del ceto medio-basso, interventi per la classe media e le piccole imprese volti ad incrementare la produttività e politiche correttive e redistributive per limitare gli eccessi di potere delle grandi imprese”, spiega Moneyfarm, annoverando le misure a sostegno delle famiglie (per i figli, per il reddito, per l’abitazione e così via), la creazione di almeno 3 milioni di unità abitative, gli incentivi a favore della nascita nuove PMI e sturtup (almeno 25 milioni entro i primi due anni), una politica “moderatamente” protezionistica (le auto elettriche di Biden) e, come Trump, una estensione del debito per finanziare u programma da 700 miliardi l’anno, in aggiunta all’aumento della tassazione delle Corporates.
Come impatteranno questi programmi
Guardando al mercato azionario, gli esperti di IG Market segnalano che, un secondo mandato di Trump, potrebbe favorire:
le big dell’energia tradizionale come Exxon Mobil, Chevron, Baker Hughes
le azioni della difesa, come Lockheed Martin, General Dynamics, RTX Corporation e Northrop Grumman
le grandi banche d’affari come JP Morgan, Bank of America, Goldman Sachs
le auto come GM e Ford
le big tecnologiche concentrate sul mercato domestico (Oracle e Cisco), non quelle esposte all’estero come Apple e Nvidia.
Una vittoria di Harris, invece, avvantaggerebbe
le energie pulite (NextEra, First Solar, Enphase Energy, Sunrun)
i veicoli elettrici (Lucid, Rivian)
i titoli healthcare (UnitedHealth, CVS Health, Centene Corporation)
le infrastrutture (Caterpillar, Vulcan Materials, Nucor)
i titoli tech legati all’intelligenza artificiale (Nvidia e Palantir Tech).
Quanto al dollaro, secondo gli esperti di JP Morgan AM, la traiettoria “segue la probabilità relativa di una vittoria dei Repubblicani” e ” tende a rafforzarsi in prossimità delle elezioni,”, per poi scendere nel periodo post elezioni quando “il mercato entra in una fase di propensione globale al rischio” e “vi è maggiore chiarezza sulla direzione delle politiche”. In seguito, la direzione dipenderà dalla “a capacità della nuova amministrazione di attuare il suo programma”.